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Potete tagliare tutti i fiori, ma non potete impedire alla primavera di ritornare (Mao tse-tung)

martedì, ottobre 09, 2007

Von Montafon

La vernice, logorata dal sale e dalla salsedine, si sollevava in un mosaico di piccole scaglie verdi. La barca, poggiata su un enorme trespolo, era imponente, panciuta, una vecchia veterana dei mari. Il suo scafo ricurvo e ovaloide ricordava il ventre di una balena, era più di una settimana che sostava in quel rimessaggio del porto di Rab. Era più di una settimana che la osservavo sognante. Lungo il suo fianco portava una scritta sbiadita "Von Montafon". La mia fantasia era alimentata da quel nome e i personaggi che la abitavano rendevano ogni storia possibile. Ricordo che da quella piccola cabina posta ad una decina di metri dal suolo del porto, uscivano uomini e donne biondi in abiti leggeri e coloratissimi. Sembrava la sosta ai box di una comune navigante. Ogni persona era indaffarata la sopra, usciva da quella porta arancio svolgeva rapidamente il suo compito e correva all'interno. Ogni giorno controllavo, nei miei pellegrinaggi lungo il molo, se la barca era ancora lì e se erano evidenti cambiamenti nell'aspetto di quel sogno galleggiante.
Un solo giorno vidi un uomo, barba lunga e crespa, capelli biondi e pelle accartocciata dal sole, appeso lungo il fianco della nave. Nella mano destra aveva un pennello, nell'altra un barattolo di vernice blu, le sue gambe penzolavano dagli occhielli dell'imbrago. La barca stava cambiando colore. Era mattina, era limpido, io ero seduto su una panchina rossa a cinquanta metri da quel colosso e osservavo. Nessuno degli occupanti aveva mai toccato terra in mia presenza, nessuno aveva mai poggiato i piedi sul cemento di quel rimessaggio. Il vento e il mare seguivano nei loro moti naturali, i giorni passavano e la barca rimaneva lì. I miei giorni in quel porto finirono presto, finirono senza sapere cosa ne fu di "von montafon" e dei suoi occupanti. Ho pensato spesso a loro in questi tre anni, li ho immaginati in viaggio per i porti dell'adriatico, traversare il mediterraneo, il canale di Suez ed il mar Rosso, li immaginati fare rotta verso l'Indonesia. Navigando dentro a miei pensieri per anni, qualche giorno fa sono approdati di fronte a me, li vedevo, stando in spiaggia, scuotevano le mani mi chiamavano. Mi sono tolto le scarpe e ho iniziato a camminare nella loro direzione, non serviva nuotare, era come se l'acqua non ci fosse. Arrivai sotto la barca. Un ragazzo sporse una mano e mi afferrò aiutandomi a salire, parlavamo tutti la stessa lingua si fumava e si rideva allegri mentre si sentì il rumore del recupero dell'ancora. Partimmo verso sud. Il sole era ancora basso, il vento lieve mi spostava i capelli, era caldo, era un sogno...


senza offesa per nessun vignettista, per mancanza di foto mi sono improvvisato

4 commenti:

Anonimo ha detto...

mi piace come ti improvvisi :))

anarcoecologo ha detto...

ti ringrazio :)

Anonimo ha detto...

E' bello sognare, uscire dalla realtà, quando tutta la giornata l'hai passata a correre, a discutere e a rendersi conto che le chiacchere servono a poco,tanto se non ci arrivano,non ci arrivano...
Liberarsi dei pesi,scaricare le tensioni ti aiuta a ripartire il giorno dopo.
Se "von montafon" è la tua barca, prendi il timone, spimgi avanti la barra del motore, tieni sempre sotto controllo gli strumenti e viaggia tranquillo, il mare potrà essere anche burrascoso, ma un buon timoniere sa sempre quale è la rotta da seguire.

Lisa ha detto...

le partenze hanno sempre un sapore particolare...